sabato 3 dicembre 2016

Italiani, aiutateci a far rifiorire Haiti


Cura 80 mila bimbi l’anno e coltiva la terra per produrre cibo. Ma ora padre Rick ha un emergenza particolare: «Ci servono chirurghi pediatrici»


È quasi impossibile convincerlo ad allontanarsi da Haiti, dove le sue giornate iniziano all’alba con la celebrazione della Messa e finiscono a notte fonda in ufficio, tra conti da far tornare e progetti da organizzare. Ma questa volta padre Rick Frechette, medico americano e direttore, per il Paese caraibico flagellato dal terremoto che nel 2010 fece 230 mila vittime, delle attività dell’associazione Nph (Nuestros pequeños hermanos, i nostri piccoli fratelli), rappresentata in Italia dalla Fondazione Francesca Rava, ha fatto uno strappo per essere a Milano. Per raccontare a noi tutti quanto sia urgente il progetto di chirurgia pediatrica del Saint Damien, l’ospedale che assiste 80 mila bambini l’anno, cui sarà devoluto il ricavato della serata ideata dalla Fondazione Rava il 2 ottobre, protagonista l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala diretta da Christoph Eschenbach.
«In Haiti ci sono solo tre chirurghi pediatrici su oltre 10 milioni di abitanti», dice padre Rick. «In partnership con la Società italiana di chirurgia pediatrica, Fondazione Rava sta inviando laggiù chirurghi italiani volontari per triplicare il numero di bambini operati all’anno e per formare nuovi chirurghi pediatrici». Rispetto al dopo-terremoto, quando i riflettori del mondo erano accesi sull’isola, le cose non vanno granché meglio, spiega padre Rick, che ogni mattina fa il giro delle baraccopoli per visitare i bambini nelle cliniche mobili e nel pomeriggio torna in ospedale, dove una lunga fila di persone lo attende per chiedergli aiuto. «Oggi il Paese è un disastro, sia economicamente sia politicamente, la moneta ha subito una pesante svalutazione negli ultimi 18 mesi, non c’è un governo e gli studi e i report ufficiali dimostrano quel che sappiamo». Che gli aiuti internazionali per Haiti dopo il terremoto non hanno risolto nulla. Del milione di sfollati di allora restano 65 mila persone ancora senza un tetto, ammassate in tendopoli sempre più affollate per via dei rimpatri forzati da parte della Repubblica Domenicana di migliaia di haitiani senza documenti.

«La maggior parte delle persone vive in povertà assoluta, gli ospedali sono stati in sciopero per quattro mesi su nove quest’anno, la criminalità è cresciuta dappertutto». Padre Rick sa di che cosa parla: si occupa di persona di trattare con i capi-gang per assicurarsi un po’ di tranquillità quando deve portare servizi e aiuti alle comunità più difficili, come è appena accaduto nello slum di Wharf Jeremy, dove esiste una scuola di Nph e presto ci sarà una clinica mobile. Quando non è una sparatoria o una lotta tra bande, l’emergenza è il colera, che dal sisma a oggi ha colpito 730 mila persone e fatto 9 mila vittime. «Resta endemico, con picchi massimi a ogni stagione delle piogge», dice il responsabile del Saint Damien che dispone di un centro per curare 20 mila pazienti l’anno e di un forno crematorio per chi non ce la fa. Un Paese a pezzi, solo in parte a causa del terremoto.
«L’unica vera ricostruzione è quella resa possibile da milioni di micro-iniziative della gente più semplice. Piccole attività che aiutano le persone a vivere, perché quel che resiste è lo spirito degli haitiani, il loro desiderio di farcela». E su questo conta padre Rick, convinto che gli unici a poter salvare Haiti siano gli haitiani. «Prendiamo le api, per esempio, che stanno diminuendo anche da noi come nel resto del mondo. Non possiamo per ora produrre abbastanza miele e derivati da essere autosufficienti e guadagnare dalla vendita, ma possiamo arrivare a soddisfare il 60 per cento del fabbisogno. Ma ci piacerebbe industrializzare il processo per riuscire a fare profitti. E questo vale per tutto». Per le 14 mila palme da cocco, le coltivazioni di canne da zucchero, gli alberi di pane, papaya, banane, lime, ciliegie, mandarini piantati grazie a un programma sostenuto da Nespresso, per esempio. Ma vale anche per gli allevamenti di pesci tilapia, le 1000 galline ovaiole che danno 600 uova al giorno, e tutte le altre attività che consentono a donne e giovani di portare a casa un salario per sfamare le famiglie.
Padre Rick ci crede, anche se magari non ha tempo per raccontarlo. Ma la domenica, quando riesce finalmente ad avere qualche ora libera per sé, sale sul trattore e prepara nuovi terreni da coltivare.




di Rossana Linguini

11 ottobre 2016

FONTE: Gente N. 40


Non se ne parla molto nel nostro paese, ma l'isola di Haiti, colpita da un terribile terremoto nel 2010, a distanza di quasi 7 anni dal disastroso evento tellurico versa tutt'ora in pessime condizioni, per la povertà che c'è, per le malattie, per tanta gente che è ancora senza casa, per la mancanza quasi assoluta di assistenza medica e persinio di generi di prima necessità.
Per chiunque volesse sostenere la Fondazione Francesca Rava, che porta tanto aiuto e speranza in questa terra così martoriata, vedi link: https://www.nph-italia.org/cosafacciamo/haiti/ lo può fare donando un proprio contributo libero, oppure acquistando un regalo solidale, o anche soltanto con una condivisione o un passaparola sulla situazione drammatica cui versa la popolazione di questa isola caraibica. Naturalmente, fondamentale è anche la preghiera di tutti per il bene di queste popolazioni.

Ancora una volta, lasciatemelo dire, onore e merito a tutti coloro che mettono tempo, sudore, cuore e vita per aiutare popolazioni così martoriate come quella Haitiana.... che cosa sarebbe il mondo senza queste persone? Ma ciascuno, ricordiamocelo sempre, può fare la sua parte, fosse anche soltanto con la donazione di un obolo o con una preghiera "lanciata" al Cielo con Amore. Ciascuno, senza eccezioni, può contribuire a creare una società migliore, un mondo nuovo basato sull'Amore.

Marco
 

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