lunedì 28 dicembre 2015

Luca, vent’anni per Gesù


Voglio vivere una donazione totale all’altro, secondo lo stile dl Gesù.
(Luca)


Una domenica di maggio 1975 a Cuneo. Nella parrocchia "Cuore Immacolato di Maria", è festa di Prima Comunione. Tra bambini c’è Luca Ferrari, otto anni, lo sguardo dolce e sbarazzino, contento del suo primo incontro con Gesù... Si ferma in preghiera davanti alla statua della Madonna, poi le dà la mano, come fa con la mamma. Da quel giorno Ella l’avrebbe guidato sulle orme del Figlio suo. E lui la chiamerà «Mamma Maria».
Luca era nato il 7 dicembre 1967, vigilia dell’Immacolata, terzo dopo Paolo e Laura. Bambino vivace, papà Enrico lo chiamava «il grillo». Dai genitori scopre che Gesù è il più grande Amico e che la vita va spesa come dono d’Amore.
Ogni mattina, ogni sera, con i suoi cari, si raccoglie a pregare. Alle elementari, intelligente e studioso, è capace di amicizia con tutti: buono, sorridente, un gran mattacchione. Tutto lo appassiona. Frequenta il catechismo parrocchiale...
Si affeziona al parroco, Don Giorgio, fervente e dinamico, che diventa la sua guida, colui che, con la mamma Elsa, lo aiuterà a intessere un intenso rapporto d’Amore con Gesù. Quando riceve la Cresima, Luca, undici anni, sa che ora tocca a lui essere un cristiano vero.

Gesù è la gioia

È limpido come l’acqua che scroscia dai monti della sua terra. Impara a conoscere stupendi modelli di vita: Tarcisio, il ragazzo martire di Roma antica (cui è intitolata l’associazione parrocchiale), giovani Santi come Domenico Savio e Pier Giorgio Frassati. Non può sopportare ingiustizie né azioni scorrette: «Io con quello non ci sto più, perché dice troppe parolacce» — s’impenna indignato.
Quando arriva alla scuola media, l’istituto Maria Immacolata, è un ragazzo felice che studia volentieri e che si fa tanti amici con i quali gode un mondo a giocare, a fare sport, a cantare.
A fianco dei genitori, gli nasce dentro la passione per la montagna. Luca è un adolescente che sogna le vette.
Mentre diversi compagni non frequentano più la parrocchia, lui è fedelissimo agli incontri formativi, alla Confessione frequente, alla Messa festiva e spesso anche durante la settimana, sempre con la Comunione. Crescendo, sente di aver ancora più bisogno di Gesù e vuole conoscerlo a fondo: comprende che Gesù è la sorgente della gioia vera.
Nel 1981, dopo la terza media, s’iscrive alle superiori. Ha nel cuore il desiderio di portare Gesù a scuola, dovunque. Comincia a voler bene a tutti i compagni ed è sempre pronto a dar loro una mano, anche quando gli costa. Studia con intelligenza e impegno, sempre promosso tutti gli anni, e vuole approfondire fatti e problemi: ha la passione della Verità. Negli incontri in parrocchia, nel colloquio sempre affettuoso con i genitori. Luca matura una Fede forte e gioiosa. Incontra giovani che trattano con ironia chi crede. Luca risponde con bontà, ma spiega loro con chiarezza chi è Cristo. A scuola c’è un professore che attacca i cattolici. Solo Luca interviene deciso: «Questo non è vero. Lei non può parlare così!»
È pronto a dar ragione della sua Fede con convinzione così profonda e motivata da stupire. Carlo, il suo vicino di banco, un giorno gli confida: «Voglio farmi prete». Luca ne è orgoglioso. Quando Carlo trova difficoltà, solo lui continua a sostenerlo: «Coraggio, va avanti. E’ una scelta meravigliosa». Una volta entrato in noviziato dai salesiani, Luca va spesso a trovarlo: «Tieni duro! Il Signore è con te».
A chiunque incontra, annuncia Cristo con brio, simpatico ed attraente. Ricco di umanità, è accogliente verso tutti e fa sentire loro che solo Cristo è il senso e la bellezza della vita, che Lui è più forte del dolore, del peccato, di qualsiasi dramma. Luca affascina con il suo sorriso e la letizia che emana dalla sua figura: gli altri comprendono che solo Gesù è il segreto di questa vita, di questa gioia.

«Come persona gradita al Signore»

Si impegna in parrocchia interessandosi ai bambini, ai poveri, collaborando con la "S. Vincenzo", senza risparmiare fatica. Si dedica ad un giovane che sta scivolando verso una brutta strada. Durante la festa, una sera di capodanno, in parrocchia, un giovane che conosce è ubriaco. Luca se lo carica sulle spalle e lo porta a casa sua. rinunciando alla festa, e lo fa dormire nella sua camera. Sente che tocca anche a lui far vedere Gesù.
«Qui — dice con i compagni — bisogna sputare l’anima». Ma sa che non potrà far nulla da solo: «Sto portando avanti un progetto di sensibilizzazione per dare aiuto ai bambini dell’India — scrive ad un amico —. Per questo ti chiedo di pregare perché il Signore mi dia la forza».
Luca ha sempre creduto alla preghiera. Ora prega, cuore a cuore con Gesù. Ama molto "Le preghiere" di M. Quoist: le medita e ne fa parte agli amici, con i quali spesso afferma: «L’unica cosa è pregare», perché si fida di Dio e da Lui attende tutto...
Fin da bambino, ha un’affezione grande alla Madonna: la sente e la prega come Mamma, le affida i suoi cari, gli amici, i progetti di bene. La prega spesso nel suo Santuario di Fontanelle. Confida: «Ogni mattina, metto la mia giornata nelle mani della Madonna». Scrive: «Lungo la via della vita, l’incontro con la Mamma è sempre rassicurante». Prega con il rosario e insegna agli altri ad amare «Mamma Maria».
In parrocchia con gli amici ha organizzato un complesso musicale. Partecipa spesso con i genitori e gli amici a giornate allegre in montagna. Si diverte «da matti» a giocare a pallone, a pallavolo ed è pure uno sciatore provetto. Ma nei momenti più impensati, propone agli amici: «Ora preghiamo insieme». Una sera, sale con loro a S. Anna di Vinadio, a piedi. È buio fitto, ma giunti alla meta, Luca li invita a pregare sotto il cielo stellato... Non raramente, si apparta da solo e nessuno può rapirlo dal suo colloquio con Dio. Tutti lo sentono fratello, ma i più attenti si accorgono che è diverso.
A Carlo, l’amico che si avvia al sacerdozio, scrive: «Ti ringrazio perché con la tua presenza ed esempio, mi incoraggi ad andare avanti nel cercare di costruirmi come persona gradita al Signore». È il suo progetto, il medesimo di Gesù: «Sono venuto per compiere la volontà del Padre». Così, quando nasce la nipotina Samantha, Luca, diciottenne, accetta con orgoglio di farle da padrino: «Allora sono diventato grande» — commenta commosso — e partecipa con i genitori della piccola alla preparazione del Battesimo impegnandosi a trasmetterle la sua Fede.
Nel 1986, ha conseguito la maturità. È un giovane forte e slanciato, dallo sguardo bello e puro. Non è mai entrato in una discoteca né ammazza il tempo in esperienze di vizio e di peccato. Durante l’estate, a Taizé, incontra giovani di mezza Europa ed approfondisce la sua capacità di pregare. Fa amicizia con un gruppo di giovani che, al ritorno, gli chiedono un piccolo contributo per i bambini dell’India. Luca possiede in banca 700.000 lire (poco più di 300 euro), frutto del suo primo lavoro, e dice al papà: «Manda tutti i miei soldi a quei bambini». Per loro si priva di tutto quel che ha.
Giunto il tempo del servizio militare, presenta domanda di obiezione di coscienza: «Io sottoscritto... dichiaro di essere contrario all’uso delle armi e della guerra... Voglio vivere una donazione totale all’altro secondo lo stile di Gesù: «amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano». Voglio donare me stesso per realizzare un incontro nella carità, vincolo di perfezione, nella quale soltanto potranno essere superati gli eterni conflitti tra gli uomini e le nazioni
». Presta servizio civile alla Caritas, presso il Centro-Famiglia di Borgo San Dalmazzo, strappando l’ammirazione degli assistiti e del responsabile. Vuole dare di più, specialmente per i bambini cui fa dopo-scuola. Nei momenti di libertà, spiega ai più giovani il valore del servizio ai fratelli, l’urgenza di costruire un mondo di pace. Ma ormai Dio lo veniva preparando all’offerta suprema.
Nel marzo 1987, Luca si frattura una gamba, cadendo dagli sci. Ingessato, si lamenta con la mamma: «Sono immobilizzato, mentre c’è tanto bisogno di far del bene
». La mamma gli ricorda: «Gesù ha salvato il mondo sulla croce». Luca ascolta: «Mamma, parlami ancora di Lui». La luce arriva ed egli offre la sua sofferenza con Gesù. Risponde: «Adesso andiamo in chiesa a pregare. Ed insieme alla mamma, prega: «A me basta il mio Dio...» (Salmo 15)». Ha compreso che la sofferenza offerta per Amore con il Crocifisso, diventa Redenzione del mondo.

Una svolta nella sua vita

Guarisce presto e riprende le sue attività... scala le montagne. il «suo» Monviso... Di lassù guarda il cielo che è più bello e la terra che si fa lontana e piccina. Le foto lo mostrano sulla vetta, vicino ad una croce... Sono mesi densi di Amore a Cristo e al prossimo, vivificati dalla preghiera e dalla Comunione Eucaristica. Luca diffonde attorno a se la luce e la pace che solo Dio può dare.
Un giorno d’agosto 1987, conversando, la mamma gli ricorda: «La vita si costruisce solo con Gesù... Chi è Gesù per te?». Le risponde Luca: «Gesù è il mio unico punto di riferimento. Colui per il quale viviamo. Ma credi che sia facile costruire tutto su di Lui?».
Sa di aver bisogno del Perdono e della Grazia Divina e cerca tutto questo nella confessione frequente per ripartire più limpido e più capace di amare.
Nel settembre 1987, con gli amici dei "Focolari" (cui appartengono i suoi genitori), Luca è a Roma, in udienza dal Papa: è radioso quando può stringergli la mano, sorridergli...
In ottobre, partecipa alla Messa celebrata presso "l’Ausiliatrice" di Torino, da don Commisso, salesiano, per il 25° di matrimonio dei suoi genitori. Riceve la Comunione sotto le due specie: il calice in cui beve il Sangue di Gesù è quello di Don Bosco e Luca sprizza di felicità. L’ultima foto della sua vita lo mostra così: Luca, con il Sacro Calice tra le mani, vicino al sacerdote, quasi si confonde con il volto di Gesù che ha alle spalle, in una stupenda immedesimazione d’Amore!

«Ho vissuto in Te»

Il 7 dicembre 1987, compie 20 anni. È festa in casa Ferrari. Il 9, presta la sua opera in una casa di riposo. La sera del 10 dicembre, mentre sale da Borgo Gesso, con la sua piccola «500», è investito da un’auto che sbanda. All’ospedale si riscontrano numerose fratture sul suo corpo. Accorrono i genitori. Luca, tutto dolente, chiede ad un’infermiera: «Dica alla mia mamma che le voglio bene». È operato per l’asportazione della milza. Appena riprende conoscenza, dice ai suoi genitori: «Perdono il giovane che mi ha investito. Desidero vederlo per dirglielo di persona». Dopo qualche istante: «Non costituitevi parte civile, non fate nulla che possa nuocergli». Sembra riprendersi bene. Sa che sarà esonerato dal servizio civile: «Papà, — spiega —
io quelle persone là non le voglio lasciare. Lo farò come volontariato, ma i miei venti mesi con loro li voglio passare tutti». E ancora: «Vorrei lasciare al Centro Famiglia di Borgo San Dalmazzo l’assicurazione». «Sì — gli risponde il papà — faremo tutto quello che vuoi, ma ora pensa a guarire».
Seguono giorni di trepidazione e di speranza. Tutti pregano per lui. Ogni giorno, Luca con i genitori prega con il "Magnificat", per lodare il Padre con Maria e offrire tutto per la sua Gloria. Vengono a fargli visita il parroco Dan Giorgio, il vice Don Beppe, sacerdoti, amici: «Luca, vuoi pregare?» —
«Sì. — risponde subito — l’Ave Maria, perché è rivolta a Mamma Maria e poi perché me l’ha insegnata mamma». Vuole spesso la Comunione, perché con Gesù non c’è da aver paura. Nel suo corpo dolente sono infilate più di dieci flebo. Il medico cerca di calmargli il dolore ma Luca gli chiede: «Solo mezza iniezione. Voglio resistere da solo. Voglio essere lucido!».
Negli stessi giorni, nel medesimo ospedale, nasce il nipotino Matteo. Luca commenta: «Se nasce lui, c’è già chi mi sostituisce... io posso anche morire». Ma il giorno di Natale, è in un letto «normale». Non vuole regali: «Mamma, non si può vivere questa festa in povertà?». Alla sera, tutti i familiari si radunano attorno a lui.
Domenica 27 dicembre, Luca sente un dolore al petto. Mormora: «Signore, pietà». Si rivolge alla mamma con voce intensa: «Com’è bello il Cielo!». Poi: «Guarda il campanile della nostra chiesa: si vede solo più la croce!». Le cure continuano, ma la fitta al petto si fa più forte: l’aorta sta cedendo. È il 28 dicembre 1987, festa dei SS. Innocenti. Luca vuole vedere il nipotino Matteo, di pochi giorni: lo accarezza, lo bacia. Mentre il sole tramonta, dietro le vette inondate di luce, Luca chiama: «Mamma, voglio pregare». Ed insieme alla mamma, dice piano, sottovoce, la sua preghiera prediletta, "Gratitudine" di Chiara Lubich: «Gesù, ti voglio bene, perché sei entrato nella mia vita, più dell’aria nei miei polmoni, più del sangue nelle mie vene. Sei entrato dove nessuno poteva entrare... Ogni giorno ti ho parlato, ogni ora ti ho guardato e nel tuo volto ho letto la risposta, nelle tue parole la spiegazione, nel tuo Amore la soluzione. Ti voglio bene, perché per tanti anni hai vissuto con me ed io ho vissuto di Te... Dammi di esserti grato, nel tempo che mi rimane, di questo Amore che hai versato su di me e m’ha costretto a dirti: ti voglio bene».
Sono le sei di sera. Luca, vent’anni colmi di dedizione, contempla Gesù e, nella sua Gioia infinita, gli ripete in eterno «Ti voglio bene».

di Paolo Risso


FONTE:  Unità Pastorale Valfreddana Nord-Ovest


Ho conosciuto la figura di Luca Ferrari, attraverso la mia chiesa, la parrocchia di S. Paolo Apostolo di Parma, il cui gruppo è andato a conoscere i suoi genitori e amici più stretti, in Piemonte, nel paese in cui Luca ha vissuto la sua breve ma intensa vita. Sono rimasto molto colpito da questo ragazzo, così "intriso" di vera, genuina Fede, pur rimanendo un ragazzo come tutti gli altri, amante della vita, degli amici, delle escursioni in montagna.... ma tutto sempre vissuto alla Luce di Cristo, sua unica Guida, Verità e Vita.
E' veramente una bellissima figura, che può rappresentare certamente un modello da imitare per tutti, sopratutto per i giovani di oggi, troppo spesso lasciati soli a loro stessi, alla mercè di un mondo e di una società troppo consumistica e spesso lontana dai Veri Valori. E allora ecco che oggi, 28 Dicembre, proprio il giorno in cui Luca lasciava questa vita, esattamente 28 anni fa, ho pensato di postare questo splendido ricordo di lui, trovato su internet, dalle parole di chi certamente ha avuto modo di conoscerlo bene.  E' il mio piccolissimo omaggio a questo ragazzo, volato in Cielo nel fiore degli anni, per arricchire quel Giardino meraviglioso che è il Regno di Dio, che tutti ci attende, solo che lo vogliamo, e di cui Luca è certamente un fiore stupendo.
Grazie Luca, di tutto !!!

Marco

giovedì 24 dicembre 2015

S. Natale

Potenza Divina del mio Signore,
Vieni e illumina il mio cuore,
Vieni e sussurrami dolci parole!
Oh mio dolce Gesù non ti allontanare,
Ma fa che io Ti possa abbracciare,
Concedimi il dono di poterTi amare
E unita a Te il Tuo Natale celebrare.
Vieni Gesù nel mio cuore e in tutti i cuori
Affinché in questo Natale il Tuo Amore
Possa la pace portare all’umanità,
Il risveglio nella libertà, nell’umiltà
E nella felicità di aver compreso la Tua grande bontà,
Che nascosto nella serena Tua povertà
Ci hai dato l’esempio della semplicità.
Tu nasci in una grotta, al freddo, al gelo, senza nessuna comodità
E quella scelta è stata la nostra libertà,
Ma il mondo di allora e quello di ora,
Non ha capito la Tua Sovranità
E come sempre si perderà!
Potenza Divina del mio Signore,
Ti prego non ci abbandonare,
Ma in tutti i modi facci capire
Che sei venuto per poterci salvare!
Viviamo nel mondo,
Ma non siamo del mondo
E il Tuo Natale
Ci vuole parlare che anche noi
Discendiamo da Stirpe regale…..
Siamo figli di un Re
Quali al mondo non ce n’è
Tu regni nei cuori, dai gioie e dolori
Ma a chi si converte
Il Suo Regno promette
Ed è presentato al Padre Celeste!
Gesù siamo Tuoi. Resta con noi
E in questo Natale, se ancora ci vuoi
Vogliamo camminare nei pascoli Tuoi!
Ti sei fatto piccino, ma il Tuo sguardo Divino
Ci dice benigno che ci sei vicino!
Oh dolce Bambino, dal Tuo Cuoricino
Ci invii il messaggio del nostro cammino,
Messaggio d’Amore, di Grazia e d’Umiltà
Che solo pace ci porterà!
Potenza Divina del mio Signore
Fa che in questo Natale
Io Ti possa celebrare
PortandoTi agli uomini
E farTi tanto AMARE!!!!!!!



FONTE: Semi di Luce e di Speranza

Con questa bella poesia dedicata a Nostro Signore Gesù Cristo, auguro a tutti un sereno e felice S. Natale.

AUGURI !!!

Marco

sabato 12 dicembre 2015

A 14 anni scrive al medico che le salvò la vita da neonata: la reazione del dottore è indimenticabile

Aveva solo un anno quando la sua patologia stava per portarsela via. Una rara malattia congenita le aveva messo fuori uso il fegato ed era stato necessario un trapianto d'urgenza per rimetterla in sesto: adesso Ashli Taylor di Temple, in Texas, ha 15 anni, sta bene e deve la sua vita alla mamma che le ha donato l'organo e al suo medico. Ma, mentre riesce a ringraziare quotidianamente sua madre per il doppio dono della vita che le ha fatto, non era mai riuscita a dire “grazie” al suo dottore, Robert Goldstein. E così ha scritto una lettera e lui è rimasto talmente sorpreso da volerle fare una sorpresa a scuola: un incontro commovente che ha fatto sciogliere in lacrime tutti i presenti che sono stati toccati da quel momento magico.


Ashli è nata con una cirrosi congenita: a pochi mesi d'età, il 21 giugno 2001, è stata inserita nella lista nazionale per i trapianti in attesa di un fegato nuovo. Ma nei mesi successivi la sua salute si è aggravata a tal punto da mettere in pericolo la sua vita. Era l'11 settembre del 2001 quando la madre di Ashli, Crystal-Pope Taylor, ricevette una telefonata allarmante dall'ospedale: la bimba aveva bisogno di un trapianto immediato di fegato. Gli Stati Uniti, però, avevano appena subito l'attacco terroristico più devastante della storia, l'organo di Ashli si trovava in un altro Stato e, in mancanza di voli, mai sarebbe arrivato in tempo per essere trapiantato. In fretta e furia la mamma è stata sottoposta a tutte le analisi e si è scoperto che era compatibile con la figlia: poche ore dopo erano entrambe nella sala operatoria del Baylor University Medical Center di Dallas. A eseguire il delicato intervento fu Goldstein, che rimosse parte del fegato alla mamma per trapiantarlo nella piccola. Da allora Ashli ha avuto una ripresa sorprendente e, nonostante qualche difficoltà, conduce una vita normale.

Nonostante il passare degli anni, però, non ha mai dimenticato che c'era un uomo che le aveva salvato la vita e che lei non conosceva. E così, quando a settembre il suo insegnante Brad Billeaudeaux ha affidato alla classe un compito di scrittura creativa, lei ha scritto una lettera al dottor Goldstein per dirgli grazie: «Probabilmente non hai idea di chi io sia, ma hai avuto un grande impatto nella mia vita – ha scritto Ashli - So che hai avuto tanti pazienti nel corso degli anni che hanno apprezzato il tuo lavoro. Ma la vita della mia famiglia sarebbe stata totalmente diversa se non ci fossi stato tu».



Dopo aver inviato la lettera, come riporta il Temple Daily Telegram, non ci ha più pensato fino al giorno in cui il dottor Goldstein non ha deciso di fare irruzione nella classe della Temple High School per farle capire quanto avesse apprezzato il suo gesto. «Indovina chi sono? - ha detto l'uomo entrando nell'aula - Sono il tuo chirurgo. Mi hai scritto una lettera ed è stato fantastico». La ragazza è stata sopraffatta dall'emozione, lo ha abbracciato ed è scoppiata in lacrime. «Non me lo aspettavo – ha dichiarato Ashli - Gli sono davvero grata, per tutto. I medici spesso non si ringraziano, ma loro hanno bisogno di sapere quanto il loro lavoro sia apprezzato».

di Federica Macagnone

2 Dicembre 2015 

FONTE: Il Messaggero 


Una bimba malata, una madre piena d'Amore, un trapianto, un bravo medico, una lettera di ringraziamento, il medico che le fa una sorpresa e la va a trovare, la commozione di tutti..... C'è proprio tanto in questa bellissima storia, bella perchè semplice, diretta, genuina, contraddistinta da tanti bei gesti che vengono direttamente dal cuore. E cosa sarebbe il mondo senza gesti come questi?
Permettetemi allora di dire "Grazie" a tutti coloro che sanno ringraziare e a tutti coloro che donano di sè stessi per il bene degli altri. Grazie a tutti voi, perchè rendete migliore e più bella la società in cui viviamo! Grazie di cuore!

Marco

domenica 6 dicembre 2015

L’ospedale di Medjugorje si farà. Grazie alla onlus versiliese di Brosio


Già raccolti 200mila euro, costerà 1,7 milioni. Costituita una fondazione mista

UNDICI mesi dopo l’inizio della campagna di raccolta fondi per il Progetto “Mattone del Cuore – Primo Presidio Ospedaliero di Pronto Soccorso di Medjugorje”, progetti case di accoglienza orfani ed anziani abbandonati, famiglie povere dell’Erzegovina e progetti di solidarietà per i poveri in Italia, si avvia la procedura di costituzione di una Fondazione bosniaca nel comune di Citluk. E’ questa la prima realizzazione di una fondazione bosniaca figlia di un’associazione versiliese nata a Forte dei Marmi, la onlus di Paolo Brosio ‘Olimpiadi del Cuore’ nata nel 1997 con la denominazione Black spruts, le ‘seppie nere’.

L’Associazione avrà al momento sede nello studio legale dell’avvocato Ivan Primorac a Citluk, appunto nei luoghi delle apparizioni mariane. L’obiettivo è quello di realizzare il pronto soccorso e i risultati sono già straordinari. La campagna per la raccolta fondi del progetto “Mattone del Cuore” è iniziata il 15 gennaio 2015 con la messa in onda della trasmissione “Scherzi a Parte – Le Iene” condotta da Paolo Bonolis e poi si è concretizzata in una campagna di spot solidali dal 1-7 febbraio 2015 e con un’inaspettata convocazione in Santa Sede di Paolo Brosio da parte di Papa Francesco. In meno di undici mesi sono stati raccolti duecentomila euro per l’ospedale, trentamila euro per i progetti Orfani ed Anziani dell’Erzegovina, diecimila euro per donazioni a favore di famiglie povere e parrocchie in difficoltà in Bosnia e in Italia, per un totale di 240mila euro.
Questo significa che al di là di quelli che sono i problemi burocratici e amministrativi bosniaci entro il 2016 si dovrebbe attivare il cantiere. L’opera progettata da Vittorio Gugole dovrebbe costare circa 700mila euro al grezzo, 1,5-1,7 milioni con l’impiantistica. E’ un’opera indispensabile a circa un chilometro dalla chiesa di S. Giacomo patrono di Medjugorje (e infatti la Fondazione porterà il nome di questo santo) e servirà 2 milioni di pellegrini che ogni anno si recano nei luoghi mariani oltre alla popolazione locale che ad ora deve recarsi a Mostar (poco meno di un’ora di strada tortuosa) per curare sia le piccole che le grandi patologie. Previste a Citluk un pronto soccorso, una cardiologia, un’ortopedia e due sale chirurgiche La Misericordia di Firenze ha già donato un contributo importante per sostenere i progetti di carità e ha accolto con entusiasmo l’idea di realizzare nel nuovo pronto soccorso ospedaliero un centro di soccorso PET (Punto di emergenza territoriale). Il presidio ospedaliero di Medjugorje dovrà essere di aiuto non solo per i cristiani di tutto il mondo ma anche per i residenti bosniaci musulmani, i serbi ortodossi e i croati cattolici, in special modo di sostegno alle famiglie povere.



IL PROGETTO

La struttura
Un pronto soccorso gestito dalla Misericordia di Firenze, una cardiologia, un ortopedia e due sale chirurgiche per pellegrini e residenti di ogni religione

La tempistica
Inizio dei cantieri il prossimo anno, conclusione nel 2018 con i fondi raccolti grazie all’attività della Fondazione, le donazioni e i pellegrinaggi


LA NOVITA'

Si aiuta il progetto anche con il telefono del cuore


UN’ALTRA fonte di raccolta fondi per l’ospedale di Medjugorje sarà il “Telefono del cuore” che contribuirà in generale a tutti i progetti di solidarietà nei luoghi delle apparizioni mariane. Il “Telefono del cuore”, viene definito il telefono che fa del bene. Di cosa si tratta? Di servizi di telefonia (fissa – mobile – internet ad alta velocità) che tutti utilizziamo quotidianamente. Sono i servizi che vengono pubblicizzati alle compagnie telefoniche. Con una differenza fondamentale: il “Telefono del cuore”, oltre a far risparmiare, permetterà di fare beneficienza senza sostenerne i costi. Acquistando la carte Sim delle Olimpiadi del cuore e mantenendo lo stesso numero di telefono a parità di stessi servizi il costo è inferiore: gratis fra utenti che hanno le sim dello stesso tipo. Il partner Green Telecomunicazioni può fornire tariffe competitive e destinerà il ricavato al netto delle spese al progetto per le Olimpiadi del cuore. Per qualsiasi informazione rivolgersi al numero verde 800-91.39.46.
Intanto l’8 dicembre ci sarà un pellegrinaggio a Medjugorje per l’Immacolata Concezione dal 5 al 9 dicembre 2015 con partenze da Forte dei Marmi, Pisa Nord, Firenze, Bologna, Mestre e Trieste. Info e iscrizioni 0584-752.757 o 338-742.84.98, e-mail info@olimpiadidelcuore.it .

13 novembre 2015

FONTE: La Nazione


Madjugorje è un luogo di grande, STRAORDINARIA Grazia, in cui da quasi 35 anni appare la Vergine SS., Madre di tutti noi, donandoci i Suoi Messaggi e invitandoci costantemente alla Conversione del cuore e della vita, attraverso la preghiera e il digiuno.
Paolo Brosio, grande devoto di Medjugorje, di cui conosco la storia, la Conversione, e che apprezzo MOLTISSIMO per il suo costante e zelante impegno di vero Cristiano "lavoratore" nella Vigna del Signore, si è lanciato assieme alla sua Associazione
Olimpiadi nel Cuore in questo grande progetto volto a far sorgere in questo luogo di Grazia un Pronto Soccorso. Ebbene, visto il grandissimo afflusso di pellegrini che ogni anno arriva in questo paese della Bosnia-Erzegovina, tale progetto si rende più che mai auspicabile, per non dire necessario. E allora, nel mio piccolo, invito tutte le persone di Fede e non, a contribuire con il proprio obolo per questa bellissima causa, di cui tante persone potranno beneficiare.
Ognuno può dare la propria goccia di Bene, attraverso un contributo libero, una condivisione, una preghiera.... o aderendo a questa nuova iniziativa, descritta sopra, del
telefono del cuore


Tante gocce formano l'oceano soleva dire la Beata Madre Teresa di Calcutta..... e se ciascuno darà la propria, anche questo bellissimo progetto, in questo luogo di così grande Grazia, certamente si realizzerà.
Grazie di vero cuore a chi lo farà. Anche questo è Amore.

Marco

venerdì 4 dicembre 2015

Gli ho dato 3 volte la vita


Nel 2003 ha salvato suo figlio dalla leucemia con un trapianto di midollo, ma non è bastato. E ora gli ha donato anche un rene. «Così ho fatto rinascere il mio Matteo»


Di mamma ce n’è una sola. Ma per un figlio si fa in tre.
Simonetta Severi
, 54 anni (54 nel 2012…. oggi sono 57), non è l’eccezione e, soprattutto, conferma la regola come nessuna mai prima di lei. Al suo unico ragazzo, Matteo, 29enne (oggi 32enne), ha dato la vita e gliel’ha salvata due volte, rendendogliela finalmente serena.
La signora Severi ci ha raccontato la sua storia da un letto dell’ospedale Molinette di Torino, in cui Gente l’ha incontrata pochi giorni prima di essere dimessa, in tempo per passare la Pasqua a Perugia, e dove si è svolto l’ultimo capitolo del suo calvario iniziato nel 2003. Quell’anno, infatti, a suo figlio Matteo viene diagnosticata una grave forma di leucemia acuta linfoblastica. Per lui c’era solo una speranza: il trapianto di midollo.
«La mia è stata una scelta obbligata, sono sua madre: è tutto quello che serviva perché fossi io a donarglielo», ci ha detto Simonetta, sempre al fianco di suo marito Sergio. L’intervento avvenne a Roma. Andò tutto bene. Per un po’.
Già, perché in seguito a qualsiasi trapianto di organi un paziente deve ricorrere a terapie anti rigetto. Accadde lo stesso per Matteo.
«Per questo vengono usati immunosoppressori», ha spiegato a Gente il dottor Piero Bretto, uno dei medici che ha curato i Severi, «che però abbassando le difese dell’organismo possono dare luogo a infezioni». Al ragazzo capitò giusto questo, con problemi a livello renale. Ma come se non bastasse, Matteo sviluppò un tumore al rene, che gli venne poi tolto chirurgicamente. Con il passare del tempo dovette perfino sottoporsi a dialisi. Di nuovo l’unica soluzione era un trapianto. E ancora una volta incombeva lo spettro dei farmaci anti rigetto, che avrebbero anche potuto avere effetti nefasti sulla salute del ragazzo.
Per fortuna c’era Simonetta.
«Io e Matteo abbiamo affrontato la situazione con grande serenità, sempre insieme», ci rivela lei. La decisione fu presa, sarebbe stata nuovamente la super mamma a correre in aiuto del figlio. Il ricovero è avvenuto all’ospedale Molinette di Torino, all’avanguardia in questo tipo di interventi. «Dal 2001 preleviamo i reni per i trapianti da vivente praticando solo piccoli buchi, attraverso i quali vengono inseriti gli strumenti per staccare l’organo. Dopodichè pratichiamo un taglio di 5 centimetri nella zona puberale da cui, con un’attrezzatura speciale, sfiliamo il rene», continua il dottor Bretto. La famiglia Severi, però, sembrava non poter fare a meno di una certa dose di suspense. «Il rene tolto alla signora, perfetto dal punto di vista funzionale, presentava due problemi, uno vascolare e uno urologico, corretti con successo durante l’intervento», continua il medico. E la Severi ci ha rivelato: «Prima dell’operazione io e Matteo non abbiamo potuto incontrarci. E così ci siamo augurati “In bocca al lupo!” mandandoci un sms con il cellulare».
Come stanno adesso Simonetta e Matteo?
«Bene tutti e due. La mamma è stata la prima a essere dimessa», interviene Piero Bretto. Del resto Matteo ha un vero asso nella manica. Si chiama chimerizzazione: ricevendone il midollo, cioè, il ragazzo ha acquistato le carattarestiche genetiche della madre. Insomma, il corpo di Matteo non riconosce come estraneo il rene di Simonetta e dunque la terapia anti rigetto, che abbiamo visto può determinare problemi, in realtà non è più necessaria per lui. «Ora avrà finalmente una vita normale», ci assicura il dottor Bretto.
E Matteo la comincerà presto, facendo quello che sogna da tanto:
«Un giro sulla mia moto e un brindisi con tutti gli amici che mi sono stati vicini», ha confidato felice a Gente dalla sua camera sterile alle Molinette. E mamma Simonetta?
«E’ venuta a trovarmi dopo il trapianto, non abbiamo avuto il coraggio di parlarci, ma il nostro silenzio è stato più chiaro di un discorso». Non è un problema. Adesso madre e figlio per farlo hanno davvero tutto il tempo che vogliono.

Di Marco Pagani

FONTE: Gente N. 16 del 17 aprile 2012



Articolo un po’ datato, ma che ci tenevo a mettere sulle pagine di questo blog. La storia del resto è bellissima e ci parla del grande, immenso Amore che intercorre tra una madre e il proprio figlio. Del resto esiste un Amore maggiore di questo? Solo l’Amore di Dio è più grande di questo!
Auguroni Simonetta e Matteo…. e che la vita vi sorrida sempre!

Marco

domenica 29 novembre 2015

Un sorriso per la vita

In Africa sono ancora molto diffusi il labbro leporino e altre patologie collegate. Le strutture hanno difficoltà a risolvere il problema. Così è nata un'associazione di volontari che operano i bambini e formano il personale. Li abbiamo seguiti in missione

Cotonou. Il risveglio è stato doloroso, il digiuno un po' pesante e le due notti nel reparto dell'ospedale non proprio piacevoli, ma è con un sorriso raggiante che la piccola Mael ora cammina, la mano stretta a quella della sua mamma, Juanita, lungo il viale in terra battuta che conduce al cancello d'uscita del Centro ospedaliero universitario (Chu) di Cotonou, la capitale del Benin. Nel parcheggio gremito di motorini, uno dei mezzi di trasporto più usati in questa metropoli di oltre un milione di abitanti, Mael sale sullo scooter che la riporterà a casa, fasciata e legata dietro la schiena della madre. Ancora qualche giorno di dieta semi liquida, una cicatrice nel palato che velocemente si riassorbirà, e l'incubo vissuto nei suoi primi quattro anni di vita sarà per sempre dimenticato. D'ora in poi Mael potrà mangiare e bere senza rischiare il soffocamento a ogni pasto e con un po' di pratica recuperare il ritardo accumulato per giocare e imparare insieme ai bambini della sua età. E forse, essendo ancora giovane, potrà correggere quel timbro nasale che segna a vita le persone affette da palatoschisi, ossia l'apertura del palato.
Mael fa parte dei 62 bambini beninesi operati gratuitamente per correggere la palatoschisi, la labioschisi (il cosiddetto “labbro leporino”) o labiopalatoschisi (apertura del palato, del labbro e in alcuni casi della gengiva) dai medici volontari dell'Ong italiana Emergenza Sorrisi durante una missione svolta in Benin dal 21 al 31 maggio scorso. Grazie alla cooperazione del ministero della Sanità del Benin e a un'organizzazione non governativa locale, La Resurrection, si è potuto dar vita alla terza missione del genere in questo piccolo paese dell'Africa occidentale, parte dell'antico regno del Dahomey. Una sinergia ormai rodata che ha condotto a un nuovo successo di questo fruttuoso esempio di cooperazione Nord-Sud, nel quale entra anche una componente di formazione del personale locale e di prevenzione. 

Gruppo affiatato

Nell'interpretazione di questo spartito ognuno ha eseguito il proprio ruolo in uno spirito di reciproco rispetto e di adattamento a situazioni nuove e per certi versi estreme.
Un'avventura, è bene sottolinearlo, in cui ognuno ha fatto un dono: chirurgi, anestesisti, infermieri, pediatri italiani disposti a lavorare gratuitamente sfruttando periodi di ferie in un ambiente spartano e lontano dagli standard a cui sono abituati in Italia; medici e assistenti locali, che hanno sconvolto gli ordinari ritmi di lavoro per adeguarsi alle richieste del team; il ministero della Sanità, che ha accettato il ricovero gratuito dei beneficiari e dei loro parenti; le madri beninesi, che hanno affidato i propri figli a questi dottori bianchi e sconosciuti; l'Ong La Resurrection, che ha attraversato il paese in lungo e in largo per sensibilizzare le popolazioni sul problema della labiopalatoschisi, spiegare che vi si può rimediare, almeno in parte, annunciare l'arrivo della missione e la possibilità di beneficiarne. “Solo grazie a questo patto di fiducia e di supporto si è potuti arrivare al successo di questa missione, che speriamo, in futuro, potrà coinvolgere sempre meno medici italiani e sempre più medici locali” sottolinea Francesca Pacelli, coordinatrice delle missioni internazionali di Emergenza Sorrisi. Il team che ha operato in Benin, composto da 10 medici altamente qualificati, ha potuto assistere, ognuno nella propria specializzazione, il personale locale insegnando i passi da compiere secondo gli standard internazionali.
Se la labiopalatoschisi è diventata rara nei paesi ricchi, resta molto diffusa nel Sud del mondo, dove carenze alimentari e vitaminiche unite a infrastrutture poco sviluppate, all'assenza di medici sufficientemente qualificati e a fattori socio-culturali non consentono di trovare una risposta adeguata al problema. “Il nostro obiettivo è non solo di operare bambini affetti da questa patologia, ma di mettere in atto delle misure per poter prevenire la comparsa di questa e altre malformazioni con una campagna di prevenzione di massa, tesa alla somministrazione, per esempio, di acido folico, la cui carenza è dimostrata essere uno dei fattori principali nel meccanismo di insorgenza della patologia labiopalatoschisi”, spiega il capo missione, Mario Altacera, specialista in chirurgia plastica e maxillo-facciale ad Acquaviva delle Fonti (Ba).
Nelle aree remote del Benin – come in altre zone dell'Africa – la povertà, l'analfabetismo e antiche credenze costituiscono ancora un ostacolo alla cura di alcune malformazioni. C'è chi non si fida della medicina portata dall'Occidente e crede che un intervento chirurgico causerà la morte del proprio figlio. Chi ritiene invece che l'arrivo di un neonato malformato sia una sciagura voluta dal cielo o da un sortilegio che non si può cambiare. Chi ancora, nella peggiore delle ipotesi, non riesce ad accettare un erede malformato, la vergogna e la discriminazione, e si macchia anche di infanticidio.
Per i 62 bimbi e ragazzi operati la vergogna e l'esclusione fanno ormai parte del passato e la testimonianza che porteranno nei propri villaggi, nei propri quartieri, aiuterà a sfatare antichi miti e riserve.
Pierre, 22 anni, uno dei pazienti più grandi con diverse operazioni alle spalle e altre malformazioni, ha corretto un'apertura del labbro superiore, ma avrebbe bisogno di altre cure per tornare ad avere un volto "normale". Tuttavia l'affetto di cui è stato circondato durante il suo soggiorno in ospedale, sempre in compagnia di parenti e amici, gli hanno ridato forza e entusiasmo. Per l'ultimo controllo due giorni dopo l'operazione si presenta indossando la maglia del Barcellona, la sua squadra di calcio preferita. Si fa dare uno sguardo dal chirurgo: è tutto a posto. Non vede l'ora di raggiungere i suoi compagni sul campo e di giocare una nuova partita.


Esperienza importante

Anche i medici italiani tornano a casa con un bagaglio di soddisfazione, di gioia e di emozione senza paragoni.Si porta tutto nel cuore per sempre. Sono emozioni che non si possono descrivere, solo chi le vive può capire come ci si sente” dice Jolanda Barile, infermiera, al ritorno dalla sua terza missione dopo quelle compiute in Indonesia e in Gabon.
Tra i volontari di questo viaggio in Benin, qualcuno partiva per la decima o undicesima volta, e tutto sommato la situazione trovata a Cotonou è stata piuttosto tranquilla rispetto ad altre esperienze trascorse in Bangladesh sul Brahmaputra, nella Repubblica Democratica del Congo, in Iraq o in alcune aree dell’Etiopia. Per qualcuno invece è stata una prima assoluta o quasi: “L’anno scorso ero partito per una missione umanitaria, con un’altra organizzazione, in Mozambico – racconta Ivan Alonge, infermiere -. Operavamo in una clinica privata, con dotazioni molto simili a quelle che si trovano in Italia, in ottime condizioni. Mi ero fatto una falsa idea di quello che realmente si vive in Africa”.
Il reclutamento di medici e infermieri disposti a partire in missione per Emergenza Sorrisi si fa in base a candidature ricevute, ma anche e soprattutto attraverso volontari già noti all’organizzazione, che introducono collaboratori di fiducia, diventandone "tutori" durante la missione.
L’Ong è nata cinque anni fa con il nome di Smile Train Italia – affiliata all’organizzazione statunitense Smile Train – e dal primo gennaio scorso ha cambiato denominazione sociale per poter ampliare il raggio delle proprie attività. “Dopo anni di interventi in paesi come Iraq, Afghanistan, Kurdistan, Indonesia, Bangladesh, Benin, Gabon, Congo e migliaia di visite, ci siamo resi conto che non potevamo più evitare di occuparci anche di bambini e pazienti con gravi conseguenze derivanti da ustioni, traumi, tumori, ma ai quali non siamo stati finora in grado di dare una risposta” spiega Fabio Massimo Abenavoli, presidente di Emergenza Sorrisi. Saranno dunque questi un nuovo impegno e una nuova sfida, che si spera verrà assecondata dai donatori. “La crisi economica che ha colpito il mondo intero non ha ridotto lo spirito e i valori di solidarietà che spingono tutte le nostre azioni – dice ancora Abenavoli -. Se sembrano prevalere egoismo e individualismo, nella realtà dei fatti le azioni concrete di sostegno al bisognoso esistono e sono forti, ma nella maggior parte dei casi “dimenticate” per far posto al gossip e al pessimismo. Noi possiamo garantire una cosa: a tutte le realtà che ci sostengono promettiamo che il nostro impegno verrà ripagato nell’unica moneta universale e resistente a qualsiasi crisi: il recupero dei sorrisi dei nostri bambini!”.


di Celine Camoin (Missioni Consolata)

FONTE: A Sua Immagine N. 99
29 novenbre 2014 



Non mi stancherò mai di ringraziare tutte quelle persone che, gratuitamente, mettono a disposizione i propri "talenti", il proprio tempo, la propria professionalità, per il Bene del prossimo. Nel caso di "Emergenza Sorrisi", questa Ong opera in Paesi molto poveri e quindi in condizioni tutt'altro che agiate, e anche questa è una ragione di grande merito per tutti coloro che vi si dedicano.
Cosa sarebbe il mondo senza queste persone? Cosa sarebbe il mondo senza Carità?  I tempi che stiamo vivendo sono difficili, ma la Carità, che è Amore tramutato in opere, esiste ed esisterà sempre, perchè Dio stesso ha messo nel cuore dell'uomo una scintilla del Suo Fuoco di Amore. Sta a noi tirarlo fuori questo Amore e farlo fruttificare nel migliore dei modi.
Grazie di tutto!

Marco